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Dopo aver analizzato le prime tre fasi del processo creativo nell’articolo Le tappe del processo creativo 1, ossia scontentezza, desiderio e impegno, analizziamo ora le restanti quattro.
Questa quarta fase è caratterizzata da ambiguità, dubbio, procrastinazione e indecisione. Essa comincia quando meno ce l’aspettiamo. È un ostacolo che ci strappa dal nostro sogno di scrivere non appena abbiamo iniziato e ci riporta alla realtà con un brusco risveglio.
Ci sono tanti motivi che possono scatenare questo momento di dubbio: forse ci siamo accorti dello sguardo scettico di una persona quando le abbiamo rivelato che vogliamo essere scrittori o abbiamo ricevuto un rigetto o una critica oppure dedicare così tanto tempo a quello che desideriamo fare non corrisponde alla nostra immagine di una persona responsabile o forse abbiamo perso il coraggio perché abbiamo sperimentato concretamente quanto difficile sia scrivere e quanto tempo richieda o non abbiamo i mezzi per sostenerci e questo ci ha fatto vacillare nella nostra decisione.
La reazione può manifestarsi come shock, paralisi, immobilità, procrastinazione, blocco dello scrittore o, al contrario, iperattività dedicata a qualsiasi cosa che non sia scrivere. A volte, movimento compulsivo e paralisi si mescolano: non riusciamo a smettere di fare ciò che non vogliamo fare, ma non riusciamo nemmeno a fare ciò che sentiamo che dovremmo invece fare. Entrambe queste manifestazioni dell’esitazione conducono allo stesso risultato: non riusciamo a procedere. Sia che rimaniamo congelati sia che giriamo come trottole, siamo comunque bloccati sul posto.
Questi dubbi non sono sempre una cosa negativa, a volte sono un avvertimento. Ci confermano quello che nel nostro profondo sapevamo già: la volontà, il desiderio di scrivere non sono sufficienti per sostenerci a lungo termine e il progetto fallirà. Riconoscerlo e accettarlo è meglio che brancolare nell’oscurità del tentennamento. Avere una risposta, anche se negativa, ci consente di ritrovare pace, di lasciare una strada che non era quella giusta per noi e provarne un’altra. A volte questi dubbi possono salvarci la vita, la carriera o i rapporti con gli altri. Basta essere onesti con sé stessi e fare un passo indietro.
Di solito, però, questo tentennare non mira a farci desistere, ma avviene perché nella passione della fase 2 (desiderio) e nell’entusiasmo della fase 3 (impegno), abbiamo tralasciato di valutare alcuni aspetti, come ad esempio il fatto che occorrono mesi, a volte anni, per scrivere un libro, o che ci vuole tempo per affermarsi come scrittori e riuscire a vivere di questo mestiere, o che anche le migliori idee hanno bisogno di tempo per maturare. Ora tutte queste constatazioni ci piovono addosso. Spesso avviene intorno alla pagina 40 del nostro manoscritto, che è il momento in cui ci accorgiamo che una bella idea non sempre può supportare un’intera storia di 300-400 pagine.
In alcuni casi, questa fase si supera velocemente, soprattutto se siamo spinti dall’entusiasmo e l’incoscienza dei novizi, ma in altri la situazione può farsi molto più difficile. Ciò è dovuto principalmente a 4 fattori: confronti iniqui, perfezionismo, catastrofismo e mancanza di informazioni accurate, che sono tutte forme di negazione della realtà e portano ad atteggiamenti negativi nei confronti di noi stessi e del nostro operato.
A volte i dubbi possono essere anche causati dal fatto che cominciamo a scrivere e ci accorgiamo che non ci entusiasma come credevamo. In questo caso o cambiamo storia e ne scriviamo una più coinvolgente (per noi in primo luogo e magari anche per i lettori) oppure cambiamo completamente attività.
Nel cammino dello scrittore questi dubbi hanno la funzione di guardiani della soglia: mettono alla prova la nostra convinzione, la nostra passione, il nostro impegno, ma se ci dimostriamo coraggiosi, disposti ad imparare, umili, pronti a lavorare e fiduciosi, prima o poi riusciremo a passare oltre.
Molte persone rimangono incastrate nella fase del tentennamento senza mai trovare il coraggio e/o l’ispirazione per lasciar andare il vecchio e affrontare il nuovo, perché sono bloccate dalla paura.
Se, però, troviamo il coraggio di fare questo passo, le porte di un nuovo mondo si spalancheranno davanti a noi. Entrare in un mondo sconosciuto e lasciarsi alle spalle ciò che era in precedenza può portare grandi ricompense sul piano personale. Questa, infatti, è la fase che separa il passato dal futuro ed è accompagnata da serenità interiore una volta che abbiamo fatto il grande passo.
Ma da cosa dobbiamo staccarci? Dal nostro vecchio modo di pensare e fare, dai nostri limiti, dalla paura di fallire o di avere successo, dai nostri dubbi, dal nostro cinismo, scetticismo, risentimento, da aspettative di ogni sorta, da modi di pensare retrogradi, da tutto ciò che è negativo per noi.
Questo vale anche per quello che abbiamo scritto. L’esortazione “Kill your darlings” (ammazza i tuoi tesori) vale ora più che mai: le frasi, le scene, i capitoli che amiamo di più sono spesso quelli che dobbiamo eliminare perché bloccano la storia. Anche questa è una forma di distacco, un sacrificio per il bene più grande della nostra storia.
A volte la rinuncia riguarda addirittura parti intere della nostra vita. Vuol dire liberarsi dei detriti che ci circondano e fare posto per ciò che è nuovo e fresco. Dire addio a vecchi modi di vivere che non sostengono la scrittura richiede molto coraggio. Eppure, il rischio che corriamo se non lasciamo andare è ancora più grande.
Molti di questi momenti di distacco implicano un elevato rischio e un sacrificio prolungato della nostra sicurezza o del nostro comfort. Ma il processo creativo nasce proprio da questo disagio. Nessun grande artista ha mai prodotto capolavori vivendo nell’agio. Bisogna, inoltre, tenere presente che, se non lasciamo andare lo status quo e ci crogioliamo nella sua falsa sicurezza senza sfruttare a pieno il nostro potenziale, a lungo termine la nostra sofferenza sarà di gran lunga peggiore.
Per molti scrittori questa è la vera fase della ricompensa, ancora più che la fase finale della realizzazione, perché immergerci nella scrittura è tutto quello che vogliamo fare. Questo è il momento in cui finalmente possiamo fare quello che non riuscivamo a fare prima, ma che ci eravamo impegnati a fare fin dall’inizio del nostro percorso.
In questa fase si distinguono due atteggiamenti tipici: determinazione e coinvolgimento. Solo mantenendo la determinazione di scrivere si può sperimentare la gioia di essere così coinvolti nella propria attività di scrittura da dimenticare qualsiasi altra cosa.
È la prima parte di questa fase, la determinazione di rimanere fedeli al proprio lavoro anche quando le cose si fanno difficili, che distingue i veri scrittori da quelli che semplicemente sognano di esserlo. Come disse Goethe: nel regno delle idee tutto dipende dall’entusiasmo; nel mondo reale tutto si basa sulla perseveranza.
Questa è la fase che tendiamo a sottovalutare più di tutte perché, accecati dalla gioia di poter scrivere, non capiamo che scrivere è un lavoro estremamente pesante e farsi pubblicare ancora di più, per non parlare di un’intera carriera da scrittore.
Quando realizziamo che la vita dello scrittore è davvero provante, ci aiuta la nostra determinazione a rimanere fedeli al nostro progetto di scrittura e la disciplina: dobbiamo fare uno sforzo costante per rimanere in carreggiata. Alla fine, scrivere è un mestiere e come tutti i mestieri ha i suoi lati positivi e negativi, basta accettarli entrambi e tenere duro per superare i momenti più ardui, in cui la nostra determinazione viene messa alla prova. A dimostrare quanto convinti siamo di quello che stiamo facendo ci sono le parole che abbiamo scritto.
In questa fase saremo più volte messi alla prova. L’importante è mantenere sempre un giusto equilibrio tra ego e umiltà. Da un lato, dobbiamo avere abbastanza ego per credere che qualcuno possa davvero voler leggere quello che abbiamo scritto, ma, dall’altro lato, dobbiamo avere l’umiltà di accettare che non siamo perfetti e che ci sono aspetti in cui saremo sempre incompetenti. Dobbiamo cercare di migliorarci continuamente, imparando a fare le cose sempre meglio.
In questa fase è importante trovarci degli amici scrittori, che ci comprendano e sappiano di cosa abbiamo bisogno. Altre persone possono esserci vicine, ma solo gli scrittori come noi possono capire appieno il bisogno impellente di scrivere, la necessità di stare da soli per scrivere, la profonda soddisfazione di trovare la parola giusta, di creare un dialogo che ci fa ridere o piangere, di finire un pezzo, la frustrazione delle interruzioni, la stanchezza che ci travolge dopo aver lavorato intensamente anche solo per un paio d’ore, l’insicurezza che a volte ci strangola, la difficoltà di conciliare la vita familiare con il mondo immaginario nelle nostre teste, l’umiliazione di un rigetto, l’incredibile gioia del primo contratto…
La ricompensa per questo sforzo durante tutta la fase di immersione non è solo la gioia di raggiungere i limiti massimi del nostro potenziale, è anche il fatto che solo così si può accedere all’ultima tappa del cammino dello scrittore.
Questa fase implica, da una parte, mettere le cose nella giusta prospettiva e dall’altra, godersi la meritata celebrazione del successo.
La via che porta alla realizzazione consiste nel mettere la scrittura sempre in primo piano. Dobbiamo tenere presenti due cose: va bene avere grandi ambizioni per ciò che scriviamo, ma dobbiamo anche essere umili e pratici abbastanza da scrivere una sillaba alla volta. Se infatti ci lasciamo trascinare troppo dal sogno del successo, presto ci troveremo bloccati dai dubbi e dall’insicurezza.
È difficile dire quando si verificherà la settima fase. Completare un libro non sempre equivale a sentirsi realizzati. Al contrario, spesso finire un progetto non è nemmeno un’esperienza positiva, perché perdiamo il focus che avevamo mentre stavamo scrivendo e ci troviamo disorientati.
Molti scrittori amano più il processo di scrivere che non completare la loro opera, in parte per il timore che i loro sforzi possano non essere apprezzati nel mondo esterno. Editor e agenti potrebbero rifiutare il nostro lavoro, i lettori potrebbero non essere interessati e i critici potrebbero distruggere la nostra storia – una prospettiva che ci intimorisce. Alcuni sono così terrorizzati dall’idea di queste eventualità che non presentano mai quello che hanno scritto al mondo per timore che la fase positiva della scrittura finisca.
Ma questa tappa della realizzazione non ruota tutta solo intorno alla parola “Fine” sull’ultima pagina della nostra storia. Riguarda anche la sensazione di meritata ricompensa per qualsiasi cosa che siamo riusciti a compiere durante il cammino. In questa fase dobbiamo celebrare ogni tappa che siamo riusciti a completare.
Ci sono persone che soddisfano tutte le condizioni di questa fase, ma non si sentono realizzate. Alcune sembrano non riuscire mai a completare nulla, altre finiscono, ma poiché sono così autocritiche o concentrate già sul prossimo lavoro, non riescono a rilassarsi e apprezzare il momento. Hanno successo, eppure non riescono a viverlo pienamente e così questo momento svanisce nel nulla.
Occorre imparare a prendersi il tempo per godersi il risultato conseguito e ricaricare le batterie prima di reimmergersi nel processo con il prossimo lavoro, che ci richiederà altrettanta energia, convinzione e perseveranza.
E tu hai individuato la tua fase? Condividi la tua esperienza e trova altri scrittori che hanno raggiunto la tua tappa.
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